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Il 17 di luglio l’OMS (organizzazione mondiale della sanità) ha dichiarato l’epidemia di Virus Ebola in Congo “emergenza di sanità pubblica internazionale”.
Questo è lo stadio propedeutico all’avviso epidemico internazionale che pregusta un nuovo evento di tipo epidemico/pandemico, ma stavolta con un virus decisamente pericoloso.
La dichiarazione è stata redatta durante la quarta riunione del comitato di emergenza da quando l’epidemia è stata dichiarata il 1° agosto 2018.1
Ma facciamo come al solito un paio di passetti indietro.
Come mai questa dichiarazione dopo quasi un anno dall’annuncio di evento epidemico maggiore?
Semplicemente perché l’epidemia si sta espandendo, con un aumento dei casi a Butembo e Mabalako. L’epicentro dell’epidemia si è spostato da Mabalako a Beni che nelle ultime tre settimane ha registrato il 46% dei casi. Un caso importato è stato segnalato a Goma, una simpatica cittadina di più di un milione di abitanti che è altresì un importante centro di scambi commerciali col Ruanda (si stima che circa 15.000 persone ogni giorno passino il confine da Goma al Ruanda), in più a Goma è situato un aeroporto internazionale che, (per fortuna direi io) non effettua voli diretti con il continente europeo. E quando un virus emorragico raggiunge zone popolate e al centro di scambi commerciali internazionali, l’asticella si alza per il timore che diventi incontrollabile.
Alla data del 16 luglio 2019, sono stati segnalati 2522 casi confermati o probabili, con 1698 decessi, quindi una mortalità superiore al 60% Si sono infettati 136 operatori sanitari, 41 dei quali sono deceduti con una mortalità di circa il 30%. L’epidemia continua con una media di 80 nuovi casi segnalati settimanalmente, almeno fino ad oggi.
A complicare gli sforzi di contenimento ci sono numerosi conflitti armati nella regione, anche di stampo religioso, con attacchi spesso mirati alle stesse strutture sanitarie 2, e una diffusa sfiducia nei confronti di medici e volontari. Più di un terzo delle morti avviene in comunità abitate come villaggi o piccole cittadine e non nei centri specializzati per isolare e curare i pazienti.
Dopo la terribile epidemia del biennio 2014-2015 dove erano stati segnalati 28.616 casi in Guinea, Liberia e Sierra Leone con 11.310 morti con una letalità del 39,5% è stato sviluppato un vaccino efficace nel 99% dei casi3, già somministrato a 161.000 persone, ma soltanto chi viene a contatto con persone infette viene vaccinato, e i suoi conoscenti dopo di lui. A complicare la situazione, visto che non è già abbastanza complicata vi è un clima di sfiducia generalizzata: in molti ritengono che “il male” venga proprio dai vaccini, non dal contagio virale (mi ricorda qualcosa…).
Fra le raccomandazioni temporanee adottate dal Direttore Generale dell’OMS vi è il rafforzamento degli screening in uscita e sulle principali vie di comunicazione terrestri da parte della Repubblica Democratica del Congo. Fortunatamente il rischio globale per ora è considerato basso. L’OMS, interpellato dalla Commissione europea, ha confermato che per i paesi europei il rischio è marginale. Per questo motivo l’OMS non ha bloccato nè i viaggi nè il commercio verso e da la RDC.
La valutazione rapida del rischio del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) del 18 luglio 2019 valuta che la probabilità che un cittadino europeo che vive o che si reca nelle aree affette della RDC contragga l’infezione al momento è molto bassa, qualora vengano applicate in toto le le precauzioni specificate: considera inoltre che il rischio di introduzione e ulteriore diffusione di Ebola nei paesi europei sia molto bassa.
Ma quali sono le precauzioni e le manovre che devono essere rispettate dalle persone che vivono o si recano nelle zone infette da MVE?
Poiché non può essere escluso il rischio di introduzione dell’infezione coi viaggiatori di ritorno dalle aree affette della RDC, in particolare con gli operatori delle organizzazioni umanitarie, si richiama l’attenzione alla puntuale applicazione delle procedure atte a limitare e controllare eventuali contagi e soprattutto si invita a sensibilizzare il personale sanitario sui sintomi della malattia.
Un sospetto Infetto, generalmente presenta i seguenti sintomi
Oppure può essere soggetto ad un fattore di rischio epidemiologico quali la presenza in territori infetti oppure l’aver avuto rapporti con altri soggetti potenzialmente infetti.
Questo fattore di rischio si estingue dopo 21 giorni, intervallo di tempo definito come “il massimo periodo di latenza riscontrato”.
Anche se attualmente non ci sono voli diretti dalle aree affette; il riscontro di sintomi riconducibili alla EVD in passeggeri che hanno soggiornato o viaggiato in paesi a rischio su voli indiretti, comporterà obbligo del vettore aereo di fare scalo negli aeroporti sanitar di Roma- Fiumicino, Milano Malpensa e Catania.
Nel caso qui venga presa in considerazione una diagnosi di EVD, il paziente deve essere immediatamente isolato in una singola stanza (con bagno privato) e il personale sanitario dovrà seguire le precauzioni standard, di contatto e di gestione delle “droplets” (goccioline contenenti virus) , compreso l’uso di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI) . Per quanto riguarda le indagini di laboratorio, si confermano le indicazioni riportate nella Circolare n. 0026708 del 6 ottobre 2014 . I campioni verranno inviati al Laboratorio Nazionale di Riferimento, presso la Virologia dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “L. Spallanzani”. La segnalazione del caso verrà effettuata al Ministero della Salute,ai competenti Dipartimenti/Direzioni/Servizi, per il controllo delle malattie infettive, delle Aziende sanitarie locali e degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e PP. e dovrà essere gestita dal centro che gestisce il caso sospetto contestualmente all’invio dei campioni.
Però… stringendo stringendo,la domanda principale è sempre questa:
Al momento non ci sono elementi che possano indicare pericoli oggettivi per il territorio nazionale, tanto meno a seguito dei flussi immigratori.
La Malattia è troppo rapida per permettere a Individui infetti di affrontare il viaggio dalle zone epidemiche alle nostre coste via terra e poi via mare.
Rimane il rischio riguardante il trasporto aereo passeggeri o merci, ma è attualmente abbastanza marginale.
Vista la zona colpita, le modalità di trasmissione e gli effetti sugli infetti è necessario potenziare sì le modalità di detezione e di contenimento ma non modificare le abitudini o i comportamenti della popolazione.
Nel caso qui venga presa in considerazione una diagnosi di EVD, il paziente deve essere immediatamente isolato in una singola stanza (con bagno privato) e il personale sanitario dovrà seguire le precauzioni standard, di contatto e di gestione delle “droplets” (goccioline contenenti virus) , compreso l’uso di adeguati dispositivi di protezione individuale (DPI) . Per quanto riguarda le indagini di laboratorio, si confermano le indicazioni riportate nella Circolare n. 0026708 del 6 ottobre 2014 . I campioni verranno inviati al Laboratorio Nazionale di Riferimento, presso la Virologia dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “L. Spallanzani”. La segnalazione del caso verrà effettuata al Ministero della Salute,ai competenti Dipartimenti/Direzioni/Servizi, per il controllo delle malattie infettive, delle Aziende sanitarie locali e degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e PP. e dovrà essere gestita dal centro che gestisce il caso sospetto contestualmente all’invio dei campioni.
1 https://www.who.int/news-room/detail/17-07-2019-ebola-outbreak-in-the-democratic-republic-of-the-congo-declared-a-public-health-emergency-of-international-concern
2 https://www.theguardian.com/global-development/2019/feb/28/arsonists-attack-ebola-clinics-in-drc-as-climate-of-distrust-grows
3 https://www.who.int/ebola/drc-2018/faq-vaccine/en/
4 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27955791